Archivio mensile:novembre 2013

La vita di Adele

http://www.youtube.com/watch?v=VaY9exBvJfsadel
Ho visto questo film da sola al Lumiere dopo una fila di circa mezz’ora. L’ho visto e l’ ho trovato perfetto.
Quando si fa un film del genere la polemica è dietro l’angolo, come se non bastasse Léa Seydoux c’ha messo del suo e ha parlato dei metodi non proprio ortodossi del regista nel ricercare la giusta sintonia tra le due protagoniste lasciandole per ore nude sul set.
Vincitore della palma d’Oro a Cannes questo film tratta un argomento di per se alquanto controverso e azzardato – l’omosessualità, ma non credo sia questa questo il filo principale.
Adele, è un adolescente assetata di vita e sfacciatamente curiosa. Sfacciatamente è un termine che calza a pennello perchè in fin dei conti lo sono tutti gli adolescenti. E cosi anche lei, mangia e mastica a bocca aperta, si tira su continuamente i pantaloni e quando è ansiosa o imbarazzata si tormenta i capelli. Ha quello sguardo, Adele tipico dell’innocenza che se ne sta andando, lo sguardo distratto. Ha fame sì di vita, di conoscere e di assaporare le cose nuove ma quando le assaggia è come se mancasse qualcosa, la magia dell attesa finisce. “Mi sembra di far continuamente finta” confida tra le lacrime all’ amico del cuore dopo essersi concessa ad un ragazzo della sua età e si sente diversa, sbagliata. Poi c’è Emma. Emma è più grande e più orientata sia nella vita che nella sessualità. La sua è una seduzione mai volgare ma decisa nei confronti di Adele.
E poi c’è la parte che alcuni di voi conosceranno bene, minuti e attimi di intimità altrettanto sfacciata che si susseguono. Al cinema ho avuto la percezione che ci fossero più uomini imbarazzati delle donne. Ma non è l’aspetto sessuale che mi interessa. Quello c’è, e non l’ho trovato eccessivo nè fuori luogo. Questo film non è una storia di un amore e sesso tra due donne, è un film sulla ciclicità del sentimento umano. E’ universale. Come si fa a non vederne la duplicità che continuamente accompagna ogni essere umano e con la quale deve far conti fino alla fine dei giorni: il giorno e la notte, piacere/dolore, inizio e fine, vita/morte.
Abdellatif Kechiche ha vinto una scommessa ben più grande del riuscire a immortalare gli amplessi sessuali tra due donne, ci ha portato direttamente a immedesimarci e rivivere quello che tutti abbiamo vissuto: un’iniziale passione che annebia la vista e fa adorare l’altro malgrado i difetti, le differenze caratteriali, del modo di pensare dove l’attrazione fa da calamita. Per poi passare alla fase successiva, quella in cui gli animi si placano e subentrano le prime perplessità e i dubbi. E poi l’inevitabile sentirsi soli e spaesati che ti fa commettere cazzate. Si finisce così a logorare un rapporto inizialmente idilliaco e quando arriva la perdita dell’altro non resta che il dolore dell’assenza. Un dolore totale, assordante. Quello che ti fa vedere la vita attraverso una lastra di vetro e la potenza dei ricordi che non mollano la presa. Così anche Adele piange e le cola il naso e poi fa finta di stare bene, la vediamo sforzarsi di mantenere la lucidità a lavoro, con i colleghi. E quando finalmente ha un confronto con Emma, nonostante le ultime speranze e il suo definitivo rifiuto la vediamo sciogliersi dal dolore. E li vacilla anche lo spettatore perchè la sente sua quella sensazione, perchè nel frattempo è diventato anche nostro. Ma a conti fatti si tratta di una sofferenza necessaria per poter crescere, che probabilmente ti farà vedere le cose da una prospettiva diversa, una fase necessaria per entrare a fare parte del mondo di adulti, dove la realtà è ben diversa dalle fantasie.
E allora io non ho sentito la pesantezza delle tre ore di cui qualcuno mi accennava, ho letto un paio di commenti di critica e mi sono bastati per decidere di non leggerne più perchè l’impressione è quella che un tanti spettatori mancano di una certa sensibilità. Quello che ti lascia questo film è un vero regalo perchè è sincero e mai fuori luogo. E allora se il risultato finale è questo credo sia doveroso perdonare al regista i suoi metodi alternativi di lavorare sul set.