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il Caso Pussy Riot: un processo politico.

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il 21 febbraio 2012 uno strano video compare sul canale Youtube. Tre ragazze con indosso vestiti colorati e passamontagna che celano i loro volti inscenano un esibizione sull’altare della Cattedrale Cristo Salvatore a Mosca, luogo simbolo della Chiesa Ortodossa. Al grido di “Madonna, liberaci da Putin” – questo è il ritornello della canzone Nadia ( Nadezhda Tolokonnikova, 23 anni), Masha (Maria Alekhina, 24 anni) e Katia (Ekaterina Samutsevich, 29 anni) gridano la loro protesta contro il rapporto sempre più stretto tra lo stato russo di Putin e la Chiesa Ortodossa. Sono solo alcune del gruppo delle Pussy Riot.
E’ l’inizio di un caso che sarà molto seguito non solo dai media locali ma dalla comunità internazionale e dividerà il pubblico in sostenitori e coloro che vorranno a tutti i costi condannare le ragazze ad una severa punizione.
Ma chi sono davvero le Pussy Riot e qual’è la loro ‘mission’?
Per rispondere a queste domande proviamo a dare ascolto direttamente a loro. Ecco cosa rispondevano alcune delle attiviste subito dopo l’arresto delle tre Pussy Riot:
“Hanno un età diversa e professioni diverse, alcune sono giornaliste altre artiste. indossano un passamontagna per restare in anonimato per nascondere ciò che fanno perchè è pericoloso, ma anche perchè non vogliono che la loro identità oscuri l’idea. L’idea è più importante delle loro singole storie. Le Pussy Riot sono un gruppo musicale punk che mette in scena performance estemporanee in spazi urbani differenti. Le canzoni delle Pussy Riot affrontano temi politici attuali. Gli interessi del gruppo sono l’attivismo politico, l’ecologia e l’eliminazione delle tendenze autoritarie del sistema statale russo attraverso la nascita di una società civile.”
Decisamente il contrario di civile sarà il processo che vedrà protagoniste le tre imputate. Il 3 marzo, infatti, in seguito alle indagini che hanno visto in campo reparti della polizia antiterrorismo , le autorità russe arrestano Marya Alyokhina e la siberiana Nadezhda Tolokonnikova con l accusa di teppismo e istigazione all odio religioso. Il 16 marzo viene arrestata un’altra partecipante alla performance, Ekaterina Samutchevic già ascoltata in precedenza come testimone del caso.Alle forze dell’ ordine appare subito chiaro come la spiccata personalità di Nadezda Tolokonnicova prevale sulle altre, in poco tempo viene definita la leader nonché la mente del gruppo. La più giovane delle tre arrestate, Nadja Tolokno, il suo soprannome è studentessa all università di filosofia di Mosca, sposata con Petr Verzilov e madre di una bambina di 4 anni era già nota per aver partecipato insieme al marito a un performance sessuale di venti persone nel meuseo biologico di Mosca nonostante fosse al nono mese di gravidanza.

Dopo quasi tre mesi di detenzione, solo il 4 giugno 2012 è stato depositato un atto d’accusa nei loro confronti, composto di 2.800 pagine. Lo stesso giorno le imputate sono state improvvisamente avvisate che avrebbero dovuto concludere e presentare le loro memorie difensive entro il 9 luglio.
Per opporsi a questa decisione le 3 donne annunciano uno sciopero della fame sostenendo che i pochi giorni assegnati dalla corte non sono sufficienti a elaborare una linea difensiva in grado di far fronte ai ponderosi atti di accusa. Il 21 luglio la corte decide di prolungare di ulteriori sei mesi la loro carcerazione preventiva.
il 17 agosto 2012 inizia la lettura del lungo dispositivo della sentenza, La giudice Marina Syrova le dichiara colpevoli dei reati contenuti nei capi d’accusa formulati. Tutt’oggi due di loro sono in colonie penali, sottoposte a duri lavori e in condizioni penose. Dal carcere scrivono che vengono continuamente minacciate di morte e non possono vedere i propri figli, se non ai loro compleanni.
Vi voglio qui riportare le dichiarazioni conclusive di una Katija Samutscevic:
“Nelle dichiarazioni conclusive ci si aspetta che l’imputato si mostri pentito, che provi rimorso per le proprie azioni o che elenchi le circostanze attenuanti. Nel mio caso, come in quello delle mie compagne ciò è del tutto inutile. Vorrei invece dare voce ad alcuni pensieri su quanto è successo.
Che la cattedrale di Cristo Salvatore sia diventata un luogo chiave della strategia politica delle autorità era già chiaro a molte persone ragionevoli quando l’ex collega (al KGB) di Vladimir Putin, Kirill Gundjaev, è diventato capo della Chiesa ortodossa russa. In breve la cattedrale di Cristo Salvatore si è palesemente trasformata in uno sfondo per i giochi politici delle forze di sicurezza, principale fonte del potere politico in Russia.
Perché Putin ha voluto approfittare della religione ortodossa e della sua estetica? Dopo tutto avrebbe potuto ricorrere ai suoi strumenti di potere, decisamente più laici: per esempio le aziende controllate dallo Stato, un corpo di polizia intimidatorio o un ossequioso sistema giudiziario. Forse le politiche durissime e fallimentari del suo governo, l’incidente del sottomarino Kursk, i bombardamenti contro i civili alla luce del giorno e altri spiacevoli episodi della sua carriera politica lo avevano obbligato a considerare l’idea di dimettersi, o altrimenti i cittadini russi lo avrebbero aiutato a farlo. Evidentemente è stato allora che ha sentito la necessità di garanzie più convincenti e trascendenti per prolungare il suo mandato ai vertici del potere.(..)
Ora provo sentimenti contrastanti riguardo a questo processo. Da un lato ci aspettiamo un verdetto di colpevolezza. Davanti alla macchina giudiziaria noi non siamo nessuno, abbiamo perso.
Dall’altro abbiamo vinto. Oggi il mondo intero sa che la causa intentata contro di noi è stata costruita ad arte. il sistema non può nascondere la natura repressiva di questo processo. Ancora una volta il mondo vede la Russia in modo diverso da come Putin cerca di presentarla durante i suoi quotidiani meeting internazionali. E’ evidente che Putin non ha mantenuto nessuna delle sue promesse relative all’istituzione di uno Stato di diritto. E le sue rassicurazioni che questa corte sarà obiettiva ed emetterà un verdetto equo rappresentano l’ennesimo inganno ai danni del paese e della comunità internazionale.”
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